Diritto Fallimentare
Il diritto fallimentare e quel settore del diritto che regola il fenomeno della crisi d'impresa. La materia è disciplinata in maniera speciale perché indica come comportarsi quando il patrimonio non è sufficiente ad onorare debiti verso tutti i creditori in modo pieno ed puntuale. All'interno del codice civile si parla della crisi d'impresa solamente in maniera velata, infatti: l' art. 2484 c.c. fa riferimento alla crisi impresa in maniera indiretta mentre enuncia quelle che sono le cause di scioglimento nella S.p.A., SAPA, S.r.l. Si tratta di una regola generica così come quella dettata dall'art. 2485 in materia di obblighi degli amministratori, i quali "devono senz'indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dall'art. 2484 c.c.". L'art. 2486 c.c.: poteri degli amministratori; art. 2487 nomina e revoca dei liquidatori, criteri di scioglimento della liquidazione; art. 2487 bis: pubblicità della nomina dei liquidatori ed effetti; art. 2487ter possibilità di revoca dello stato di liquidazione " previa eliminazione delle cause di scioglimento della società".
L'art. 1, comma 1 della L.F. definisce i requisiti soggettivi delle imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo, stabilendo che sono sottoposti a dette procedure concorsuali, gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori. Ai sensi dell'art. 2082 c.c.:“É imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione dello scambio di beni e servizi.
Le riforme intervenute sulla legge fallimentare hanno mantenuto un taglio c.d. soggettivo: a fallire non è l'impresa, bensì l'imprenditore. Un imprenditore individuale infatti fallisce anche se i debiti sono personali, ossia contratti per ragioni diverse dall'attività d'impresa.
Quanto al presupposto soggettivo, l’art. 1 l.f. individua tra i soggetti assoggettabili al fallimento gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, escludendo, pertanto, gli enti pubblici, gli imprenditori agricoli e i piccoli imprenditori.
Secondo quanto stabilito dall’art. 6 l.f., come sostituito dall’art. 4 del D. Lgs. n. 5/2006, il fallimento viene dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero.
L’art. 16 l.f. stabilisce che è il tribunale ad emettere la sentenza dichiarativa di fallimento, con la quale nomina il Giudice delegato alla procedura e il Curatore e viene ordinato al fallito il deposito, entro tre giorni, dei bilanci, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché l'elenco dei creditori.
Gli organi del fallimento sono:
a) Il tribunale fallimentare (art. 23 l.f.) è investito dell’intera procedura e provvede alla nomina, revoca o sostituzione degli organi del fallimento (giudice delegato, curatore e comitato dei creditori), soggetti su cui la riforma del 2006 ha profondamente inciso, ridimensionato il ruolo del giudice delegato ed attribuendo maggiore autonomia al curatore e al comitato dei creditori. Invero, mentre in passato il giudice delegato era deputato a dirigere e gestire le operazioni del fallimento, oggi, sulla base del nuovo testo dell’art. 25 l.f., egli esercita meramente “funzioni di vigilanza e controllo sulla regolarità della procedura”, mantenendo il potere di approvare il programma di liquidazione e di pronunciarsi sulle domande di ammissione al passivo dei creditori.
b) Il Curatore, ai sensi dell’art. 31 l.f., ha la funzione di amministrare il patrimonio fallimentare, compiendo tutte le operazioni necessarie per la gestione della procedura. Inoltre, egli è competente ai fini dell’apposizione dei sigilli sui beni del debitore, della formazione del progetto di stato passivo, della redazione dell’inventario, della compilazione dell’elenco dei creditori (con l’indicazione dei rispettivi crediti, dei diritti di prelazione e degli eventuali altri diritti), nonché alla redazione del bilancio dell’ultimo esercizio.
c) Il Comitato dei creditori ha un ruolo più autonomo, finalizzato a compiere le scelte più opportune per una migliore gestione della procedura.
Con il Fallimento si apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, pertanto, ogni credito, anche munito di diritto di prelazione, “nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge.” (art. 52 l.f.).
La legge stabilisce poi un complesso iter per l'accertamento del passivo e per la liquidazione dell'eventuale attivo.
L’art. 118, elenca le ipotesi di chiusura della procedura:
- "se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo;
- quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l’intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione;
- quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo;
- quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura".