Decoro architettonico


04/02/2013

La salvaguardia del c.d. "decoro architettonico" di un bene condominiale (per tutelarne il suo aspetto esteriore) può imporre limitazioni stringenti al singolo condomino non solo con riguardo agli interventi sulle parti comuni, ma anche relativamente ad opere effettuate sul bene di sua proprietà esclusiva. E' quanto affermato da una recente pronuncia della Suprema Corte che così si è espressa: "In materia di condominio di edifici, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che pongano limitazioni, nell'interesse comune, ai diritti dei condomini, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà, senza che rilevi che l'esercizio del diritto individuale su di esse si rifletta o meno sulle strutture o sulle parti comuni. Ne discende che legittimamente le norme di un regolamento di condominio - aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini - possono derogare od integrare la disciplina legale ed in particolare possono dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall'art. 1120 cod. civ., estendendo il divieto di immutazione sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva". Cassazione civile  sez. II del  24 gennaio 2013,  n. 1748.