Lungaggini processuali


15/01/2013

Finalmente la Suprema Corte si è espressa in merito ad un paradosso tutto Italiano!
Troppo spesso ormai accade che i giudizi intentati per ottenere dallo Stato un risarcimento per i tempi lunghissimi dei processi siano essi stessi di durata oltremodo irragionevole ed immotivata. La Corte ha implicitamente  riconosciuto che in particolare  tali  procedimenti dovrebbero subire una sorta di indispensabile  accelerazione.
"Il giudizio di equa riparazione, che si svolge presso le Corti d'appello ed eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi, in quanto finalizzati proprio all'accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per sè una condizione di sofferenza e un patema d'animo che sarebbe eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti ex L. n. 89 del 2001. Nè appare condivisibile l'assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d'appello e l'eventuale giudizio di impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte Europea, nel caso in cui nell'ordinamento interno la parte interessata non ottenga una efficace tutela all'indicato diritto fondamentale, atteso che il procedimento interno rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell'ambito di una ragionevole durata".
Cfr. Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 2.1.2013, n. 1